Soggettività e arbitrarietà viziano “valutazioni mediche” che “giustificherebbero” l’opzione per il suicidio o l’assassinio
Un rapporto pubblicato in Belgio con il titolo Archives of Disease in Childhood. Fetal and Neonatal Edition (Archivi delle Malattie nell’Infanzia – Edizione Fetale e Neonatale) registra che 24 bambini sono stati uccisi con l’eutanasia nel Paese. Il rapporto evita di usare il termine “eutanasia”, ma descrive l’applicazione intenzionale di un’iniezione letale a bambini con problemi medici con l’obiettivo di provocarne la morte. È quindi eutanasia, che si voglia o meno usare questa parola.
Il rapporto ha esaminato tutti i casi dei bambini, da neonati a un anno di età, morti nella regione amministrativa belga delle Fiandre tra il settembre 2016 e il dicembre 2017. I ricercatori hanno cercato di sapere quali fossero le cure finali dedicate a ogni bambini, e hanno constatato che purtroppo nel 10% dei casi i medici avevano “l’intenzione esplicita di abbreviare la vita” dei piccoli pazienti.
Allarmanti quanto le morti in sé dei 24 bambini sono le motivazioni addotte per “giustificare” i decessi. Una delle più citate, secondo lo studio, è stata la “valutazione medica” per cui “non c’era speranza di un futuro sopportabile” per le vittime, ovvero l’assassinio di 24 bambini è derivato da valutazioni soggettive basate sull’opinione personale di alcuni medici circa quella che è a loro avviso la “qualità di vita ideale”: se il paziente non si adattava ai criteri di “qualità di vita” secondo l’opinione soggettiva dei medici Tizio e Caio, allora era “meglio” uccidere il paziente.
Lo studio denuncia anche che la pratica dell’eutanasia infantile, anche se illegale, è comune. Michael Cook, del portale di studi e notizie sulla bioeticaBioEdge, ricorda che la legge belga permette l’eutanasia solo di minori coscienti e con capacità di discernimento, ma denuncia che nella pratica “l’eleggibilità all’eutanasia in Belgio è elastica”.
Nel 2014, il Paese è diventato il primo al mondo a legalizzare il cosiddetto “suicidio assistito” per i minori, misura enfaticamente criticata da milioni di individui e centinaia di organizzazioni volte a promuovere il benessere integrale dei giovani vulnerabili. La legge belga richiede che il minore venga considerato malato terminale e sia pienamente consapevole di cosa significhi la decisione del suicidio assistito. Tra il 2016 e il 2017, tre minorenni hanno chiesto l’eutanasia nei termini della legge del 2014, provocando complesse discussioni nel Paese e all’estero sul motivo di non investire in alternative che proteggessero quei minori vulnerabili anziché provocarne di proposito la morte.
Valutazioni basate sulla soggettività
Per Alex Schadenberg, della Coalizione per la Prevenzione dell’Eutanasia, le dosi di soggettività e arbitrarietà nelle cosiddette “valutazioni mediche” che “giustificherebbero” l’opzione per il suicidio o l’assassinio sono particolarmente preoccupanti e condannabili. Nel caso dello sterminio intenzionale dei 24 bambini, la considerazione per cui “non c’era speranza di un futuro sopportabile” è già un’ammissione del fatto che non si trattava necessariamente di malati terminali.
Schadenberg osserva che i bambini “avevano la possibilità reale di sopravvivere”, ma l’équipe medica ha scoperto che “non valeva la pena” che vivessero fino al momento della morte naturale.
Fino a che punto i genitori di quei bambini hanno dato il proprio consenso ai medici basandosi su un’obiettiva cognizione di causa? La questione è particolarmente pressante perché è elevato il rischio di essere indotti a una certa scelta dai medici, visto che non è realistico presupporre che i genitori sapranno sempre distinguere chiaramente tra quella che è di fatto una diagnosi letale e quella che è invece l’opinione soggettiva di sanitari che si basano su determinate ideologie circa chi ha il diritto di vivere e chi no.
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Ci sono anche casi aberranti di genitori che hanno preso con veemenza posizione contro l’eutanasia dei propri figli e sono stati schiacciati dall’imposizione giudiziaria di sentenze di morte che si fanno scudo di “opinioni mediche” circa la “futura qualità di vita” dei loro bambini.
I casi di maggiore ripercussione planetaria, in questo senso, sono probabilmente quelli dei piccoli britannici Charlie Gard e Alfie Evans. In entrambi i casi, i medici hanno preso posizione per la soppressione del supporto vitale ai piccoli pazienti. Se questo è già fortemente discutibile, cosa dire nei casi in cui i medici si prestano ad amministrare intenzionalmente droghe che provocano la morte di bambini vulnerabili?
L’eutanasia sui bambini in Belgio è uno scandalo dentro l’altro: lo scendalo di non essere considerata uno scandalo.