Basta alla “banalizzazione della sessualità”, riscoprendo l’importanza del “pudore” e della “castità”. Non rassegnarsi all’aumento inarrestabile delle convivenze.
Ma un freno, nel segno della “sobrietà”, va posto anche alle cerimonie nuziali con eccessi e sperperi, segnate da una “concezione privatistica del matrimonio”.
Sono alcuni dei punti che i Vescovi italiani hanno inserito nei loro “Orientamenti Pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia”, documento presentato venerdì ad Assisi da Mons. Enrico Solmi, Vescovo di Parma e Presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia e la Vita della CEI, e voluto per reagire alla crisi dell’istituto matrimoniale, “e conseguentemente – spiega la Cei – del fidanzamento e dell’educazione all’amore”.
In 36 pagine di testo, la Cei fornisce dettagliate istruzioni su come l’ Chiesa deve accompagnare la crescita relazionale dei giovani, l’approccio alla “corporeità”, il percorso verso il matrimonio e la vita di coppia.
E uno dei punti affrontati è per una maggiore diffusione tra i giovani dell’ importanza del “pudore” e della “castità”, visti come “i due valori più importanti per giungere alla maturità affettiva”, in un mondo in cui i segnali e i messaggi sono di tutt’altro tipo.
“Gli adolescenti – vi si legge – assediati da un clima generale fortemente erotizzato nella comunicazione, nella moda, nei modelli proposti, devono essere guidati ad acquisire un sano senso critico. In tale prospettiva, la comunità Cristiana offre i giusti anticorpi nei confronti del consumismo dilagante e della spudoratezza, della banalizzazione e della superficialità, che inquinano affettività e coniugalità”.
Il pudore, invece, “riporta alla parte più intima e preziosa della persona, facendo comprendere che la sessualità non è solo ricerca del piacere, ma ricerca di una persona nella sua unicità e dignità”.
Esso, spiegano i Vescovi, “non limita la sessualità, ma la protegge e l’accompagna verso un amore integrale e autenticamente umano”.
A tal fine, “occorre educare al pudore fin dalla fanciullezza”.
Il testo Cei sottolinea quindi “il significato morale e pedagogico della castità”, grazie alla quale “la sessualità è posta a servizio dei valori più alti a cui deve tendere”, facendo sì che essa divenga “il mezzo di un amore umano autentico”.
I Vescovi lanciano anche l’allarme sulla crescita delle convivenze, un fenomeno, dicono, da non accettare passivamente.
“Non possiamo rassegnarci a un generale senso di impotenza di fronte al dilagare di un fenomeno che coinvolge sempre più persone verso le quali la comunità Cristiana deve sviluppare una prudente attenzione Pastorale”, affermano gli Orientamenti.
Dopo aver sottolineato che “oggi molte coppie si presentano a chiedere il matrimonio Cristiano e a compiere il cammino di preparazione in una condizione di convivenza”, i Vescovi puntano il dito contro quella che chiamano “paralisi del desiderio”, “quasi che i grandi desideri restino come paralizzati senza riuscire a formulare un vero progetto di vita”.
Insomma, secondo la Cei, “la paura prende il sopravvento sul desiderio. Da una parte si vorrebbe condividere la vita con la persona che si ama, dall’altra si ha paura di legarsi in modo definitivo”.
E a ciò si deve reagire con “la Pastorale Familiare, Giovanile, Catechistica, per analizzare il fenomeno e trovare nuove forme di iniziative comuni”.
Spicca, tra le sollecitazioni dei Vescovi, specie in questa fase di crisi economica, anche il “profondo invito alla sobrietà nel vivere la preparazione” del matrimonio.
Contro ogni esagerazione e spreco per il cosiddetto “giorno più bello della vita”, la Cei suggerisce che la celebrazione delle nozze può essere invece occasione per atti di “carità”, “con gesti di condivisione verso i poveri e per mostrare attenzione alle necessità della comunità parrocchiale”.
I Vescovi invitano le coppie, inoltre, a sposarsi nella propria parrocchia e “durante una delle Messe di orario”, sconsigliando “celebrazioni nuziali nel giorno di domenica in momenti diversi da quelli delle Messe di orario”.
Indicazioni, queste, che puntano a “superare una concezione privatistica del matrimonio, purtroppo molto diffusa”.